PER NON DIMENTICARE – Giovanni Barrilà

Tutti conosciamo la storia di Auschwitz e Birkenau ma andare a visitare quei luoghi è come scendere in un girone dell’inferno dantesco. Si gira per quei cameroni come attoniti, increduli perché si fa fatica a credere che in quel posto ci sia stato tanto orrore perché li tutto parla di, torture, supplizi e morte; quando esci, ti senti come se avessi ricevuto, all’improvviso, un pugno nello stomaco.

Auschwitz, la fabbrica di morte: produsse oltre un milione di vittime. Il 90% erano ebrei, ma tra quelle mura finirono anche polacchi, russi, Rom, Sinti, omosessuali e testimoni di Geova.

Il complesso includeva una serie di campi di concentramento e di lavoro che si trovavano nelle vicinanze di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), nel sud della Polonia. Oltre al campo originario (Auschwitz I) c’era il campo di sterminio di Birkenau (Auschwitz II), il campo di lavoro di Monowitz (Auschwitz III) e altri 45 sottosezioni in cui i deportati venivano utilizzati per lavorare.

Auschwitzfabbrica di morte. I primi deportati iniziarono ad arrivare già nel 1940. Giunti a destinazione, sotto gli occhi del “personale medico” delle SS, avveniva la prima tragica selezione: Mediamente solo il 25% dei deportati era dichiarato abile al lavoro,nelle industrie tedesche, Siemens e IgFarben in testa; il restante 75% (donne, bambini, anziani, madri con figli) era automaticamente condannato a morte.

Nelle camere a gas, ad attenderli trovavano quelli che Primo Levi definì i “corvi neri del crematorio”: i sonderkommandos, unità speciali di ebrei istituite per collaborare con le SS in cambio di un trattamento di favore.